La guerra in Ucraina sta riaffermando con sempre più violenza le gerarchie e le politiche razziste che i migranti e le migranti contestano e rifiutano da sempre, imponendo nuovi nazionalismi e confini contro uomini e donne che si muovono per scappare da un destino di morte o dagli effetti economici e sociali di un conflitto che assume sempre più le sembianze di una terza guerra mondiale. Le dichiarazioni ipocrite dei paesi che all’inizio della guerra si erano riscoperti benevoli e accoglienti si sono dimostrate con il tempo pura retorica. Alle centinaia di migliaia di russi che si rifiutano di combattere dopo la mobilitazione militare di Putin e che stanno provando a fuggire dal loro paese, molti paesi europei hanno risposto semplicemente chiudendo i confini. Le profughe ucraine accolte dai paesi Europei all’inizio del conflitto hanno smesso ben presto di “essere speciali” e sono state inserite a tappe forzate nei meccanismi normali dell’accoglienza, fatti di una burocrazia razzista, ricatti, salari da fame e sfruttamento. Dopo aver sopportato la violenza di bombardamenti le profughe ucraine si trovano come tutti i migranti e le migranti a lottare per i documenti. A Bologna i ritardi di Prefettura e Questura ancora non permettono di avviare tutte le pratiche dalle quali dipendono alcuni servizi pubblici fondamentali così come la possibilità di poter accedere alla cittadinanza. Nel frattempo gli uffici del Comune di Bologna si ostinano – senza alcuna base legale – a non concedere la residenza finché non saranno stati consegnati i permessi di soggiorno elettronici, che come tutti i migranti sanno bene hanno i tempi lunghi della burocrazia razzista statale.
L’instabilità, la speculazione finanziaria e la crisi energetica che la guerra ha prodotto stanno intensificando la povertà e peggiorando le condizioni di vita di tutte e di tutti, in particolare dei e delle migranti che il razzismo istituzionale condanna a lavori precari e poveri, mentre salari e rimesse sono erosi dall’inflazione. La vittoria della destra in Italia vuol dire che il governo Meloni troverà nuovi argomenti e nuovi pretesti per intensificare lo sfruttamento di quelli e quelle che oggi mandano avanti le fabbriche e la logistica o che lavorano nelle case sotto il ricatto costante dei documenti. Come risulta sempre più evidente i comportamenti delle amministrazioni locali possono peggiorare la vita delle migranti senza aspettare nuove leggi nazionali. Abbiamo già visto con la pandemia che, quando la crisi economica morde, il razzismo istituzionale colpisce ancora più duramente, perché torna utile per garantire i profitti. Non si spiega altrimenti l’opposizione della Prefettura di Bologna alla chiusura del centro Mattei, il dormitorio dell’Interporto e delle fabbriche dei dintorni, nonostante la lotta e le proteste dei migranti che ne hanno denunciato le condizioni invivibili. Quando l’economia cittadina e regionale rallenta, le istituzioni si fanno in quattro per fare in modo di avere migranti disposti a correre e lavorare per le agenzie e con salari da fame, solo per garantire i profitti.
Per uomini e donne migranti, richiedenti asilo e profughe lottare contro la guerra e contro l’ipocrisia delle istituzioni di fronte ai suoi drammi è una priorità. Per questo come Coordinamento migranti saremo in piazza il 22 ottobre a Bologna per manifestare insieme a tutte e tutti quelli che stanno pagando i costi di questa crisi. Allo stesso tempo parteciperemo ai momenti di discussione di ConvergenX, portando il nostro punto di vista rispetto alla convergenza delle lotte. Per uomini e donne migranti convergere per insorgere significa innanzitutto rifiutare la convergenza di razzismo, sfruttamento e patriarcato che le istituzioni e il governo impongono sul presente e sul futuro del lavoro migrante e non. La convergenza dell’oppressione sui migranti è bianca, la nostra inevitabilmente deve avere un altro colore.