Sulla pelle dei migranti la prefettura di Bologna vuole mostrare chi comanda in città. Succede allora che, dopo il presidio di sabato scorso, gli oltre venti migranti espulsi dal centro di via Mattei vengano chiamati in Piazza Roosevelt solo perché la prefetta vicaria Anna Pavone possa fare la sua prova d’arroganza. Nessuna soluzione viene offerta ai migranti, ai quali erano stati dati appena cinque giorni di preavviso per lasciare il Mattei e trovare un posto per dormire. Non serve a nulla ripetere ossessivamente che la procedura di espulsione era in corso da novembre, se le lettere recapitate ai migranti portano la data del 23 gennaio. La colpa: aver lavorato per guadagnare nientemeno che 500 euro al mese. È il paradosso che accompagna le vite dei migranti: se non lavori sei un fannullone che deve essere cacciato dal Paese; se lavori, invece, vieni cacciato per strada, pretendendo che a Bologna si possa vivere con qualche centinaio di euro.
Abbiamo chiesto tempo, perché nessun migrante ha intenzione di passare la sua vita al Mattei, ma in cinque giorni, con pochi soldi in tasca, come si fa a trovare una camera a Bologna che non sia affittata da un proprietario razzista? Essere cacciati dal Mattei significa per un migrante non solo passare le notti al gelo, ma anche perdere la residenza, il permesso di soggiorno e finire nel girone della clandestinità. I pochi giorni in più concessi malvolentieri ai migranti dalla Prefettura e una vaga disponibilità a prendere in carico i problemi legati alla residenza sono poca cosa di fronte alle esigenze reali di chi con lavori a chiamata fa girare le merci e l’economia della città.
Il muro burocratico opposto dalla Prefettura non ha orecchie per ascoltare le ragioni dei migranti. Perché in Prefettura conoscono una sola ragione, la ragione della destra al governo, che con le donne e gli uomini migranti può mostrare il suo vero volto e la sua passione per la gerarchia e smettere di fingere una qualche rispettabilità. La prefetta vicaria che dà sprezzantemente del tu ai migranti e del lei agli italiani, che dice ai migranti del Mattei di essere degli “occupanti abusivi” o che pretende di essere la proprietaria della parola, tanto da intimare il silenzio e sostenere che è lei a dare il permesso di parlare, è il segno del livello di degrado raggiunto dal razzismo istituzionale dopo appena cento giorni di governo Meloni. La minaccia di procedere poi con lo sgombero coatto dei migranti colpiti da espulsione rende l’idea dello zelo con cui i funzionari del Palazzo del Governo svolgono il loro odioso lavoro, almeno quando c’è di mezzo la vita di un migrante.
Che dalla Prefettura non ci si potesse aspettare granché era cosa nota e, d’altronde, i migranti la parola se l’erano presa già sabato in un presidio che ha bloccato il Mattei per diverse ore. I migranti del Mattei sono pronti a proseguire nella protesta e certo non aspettano il permesso della dott.ssa Pavone per gridare la loro rabbia e per portare avanti la propria lotta. Che però l’autodichiarata città più progressista d’Italia stia passando in mano a zelanti funzionari del governo è qualcosa che sindaco e giunta non possono ignorare, a fronte di un problema abitativo che riguarda migranti che vivono e lavorano a Bologna. Abbiamo chiesto tempo e ne vogliamo ancora. Non accetteremo che altri venti migranti debbano sopravvivere all’inverno nel gelo delle strade di Bologna. Perché se è questa la legge che la Prefettura dice di applicare è nient’altro che odio che trabocca razzismo. Per tutto questo chiamiamo tutte e tutti a scendere in piazza con i migranti del Mattei sabato 4 febbraio.