Profughe ucraine: dopo mesi, ancora negata la residenza

A distanza di più di 7 mesi dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, le donne ucraine arrivate ormai da mesi sono ancora bloccate in una vita sospesa dal razzismo istituzionale. Ad oggi infatti per molte delle profughe arrivate in Italia per fuggire dalla guerra è ancora impossibile ottenere la residenza. L’informativa legale compilata dall’ASP da allegare alle richieste di residenza è stata rifiutata dal Comune di Bologna. Anche in possesso del cedolino, del passaporto o di un documento di identità e, nel caso di chi è ospite in struttura, della dichiarazione di ospitalità, l’anagrafe e il Comune continuano a negare la residenza. La motivazione del diniego è che il cedolino non sarebbe un documento valido per ottenerla, nonostante sia valido per lavorare e avere un contratto. Al momento l’unico modo per ottenere la residenza è aspettare che arrivi il permesso di soggiorno oppure rifare la richiesta, ottenere un diniego scritto dell’anagrafe e fare ricorso.

Si tratta di scelte completamente arbitrarie degli uffici, perché questo diniego non ha nessun fondamento legale. In questi mesi le profughe ucraine si sono fatte sentire con manifestazioni e richieste al comune, ma hanno ottenuto soltanto false promesse. Evidentemente è questa la vera faccia dell’accoglienza tanto sbandierata all’inizio della guerra sotto forma di un razzismo che mostrava la sua preferenza per la pelle bianca. Per le istituzioni le migranti che scappano dalla guerra vanno bene per essere sfruttate nelle case e nel settore sempre più precario della cura e dei servizi, ma a patto che non accedano a servizi pubblici e non abbiamo alcuna garanzia sul loro futuro in questo Paese.

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