di TRANSNATIONAL MIGRANTS’ COORDINATION
All’inizio di marzo, come Transnational Migrants Coordination, abbiamo organizzato un’assemblea pubblica con la partecipazione di attivisti, attiviste e migranti provenienti da Stati Uniti, Messico, Italia, Slovenia, Serbia, Germania, Belgio e Grecia. Insieme, abbiamo preso una posizione collettiva contro l’attuale attacco a donne e uomini migranti che avviene nel contesto della guerra mondiale in corso. I migranti sono la massa di uomini e donne che rivelano il vuoto della retorica nazionalista e patriottica usata dai governi in guerra. Sono la massa di uomini e donne che, attraversando i confini, sfidano – e di fatto rendono impossibile – la loro completa chiusura perseguita dagli Stati razzisti. Sono la massa di uomini e donne che, con il loro movimento, fuggono dalla guerra e resistono ai tentativi dei governi di arruolarli negli eserciti. Ecco perché lottare per la libertà di movimento oggi significa anche lottare contro la guerra e la sua logica.
Mentre l’UE cerca la sua “unità” attraverso un costosissimo piano di riarmo – facendo della volontà di andare in guerra la paradossale garanzia della democrazia europea – ciò che vediamo dietro i cosiddetti “valori europei” è una realtà fatta di razzismo, violenza e brutali gerarchie tra cittadini e migranti. Mentre Ursula von der Leyen annunciava il suo piano di riarmo dell’UE, la Commissione europea – già promotrice del razzista Patto su migrazione e asilo – proponeva regolamenti comuni per deportazioni più rapide ed efficienti. Mentre Trump continua a deportare centinaia di migranti in America Latina, Netanyahu attua un genocidio e porta avanti il suo piano di “evacuazione volontaria” dei palestinesi, e il governo occidentale libico promuove raid, arresti arbitrari di massa, omicidi ed espulsioni collettive di uomini e donne provenienti dall’Africa. In questo scenario, la “democratica” Unione Europea non offre altro che razzismo istituzionale, sempre più coordinato e normalizzato, respingimenti e un attacco sistematico al diritto di asilo.
Di fronte a tutto questo, non resteremo in silenzio, ma dobbiamo rafforzare il coordinamento transnazionale, la comunicazione e la lotta. Attraverso e oltre i confini europei, vogliamo organizzarci contro un regime transnazionale di confini che cerca di governare e reprimere l’ingovernabile movimento di donne e uomini migranti. Mentre affronta le conseguenze sociali ed economiche delle guerre che sta attivamente sostenendo, l’UE continua a puntare il dito contro un nemico interno inventato: i migranti che sono costretti a sostenere il costo dei tagli ai servizi pubblici e ai salari. In Italia, il governo Meloni ha ripetutamente tentato – senza successo, nonostante l’appoggio di altri governi europei – di deportare i richiedenti asilo dai cosiddetti “paesi sicuri” verso i centri di rimpatrio in Albania. In paesi extracomunitari come la Serbia e la Bosnia-Erzegovina, l’esternalizzazione dei confini continua a intrappolare o deportare i migranti per conto dei governi dell’UE. In Germania, il nuovo cancelliere Friedrich Merz ha promesso controlli più severi ai confini e respingimenti, costringendo i richiedenti asilo ad aspettare in un paese terzo al di fuori dell’UE e rimpatriando donne e uomini migranti in Siria e Afghanistan.
In questa fase storica di guerra mondiale, attraversare i confini e praticare la libertà di movimento che i governi europei stanno cercando di reprimere è l’arma più potente che donne e uomini migranti hanno. Contro ogni tentativo sistematico di regolamentarla o di limitarla brutalmente, rivendichiamo la libertà di movimento. Il desiderio di libertà e di una vita migliore è più forte di qualsiasi regola internazionale razzista imposta con la violenza.
La nostra lotta non si ferma ai confini. Anche la vita dei migranti in Europa è sotto costante attacco: a loro non viene offerto altro che lo sfruttamento nei settori “essenziali” – dall’agricoltura all’edilizia, dalla logistica al lavoro di cura – e tagli ai sussidi. Dalla Serbia all’Italia al Belgio, lavoratori e lavoratrici senza documenti sono costantemente ricattati, costretti a lavorare in nero e utilizzati come forza lavoro a basso costo. In un’epoca di austerità, i migranti sono esclusi dall’assistenza sociale e sanitaria e dagli alloggi. Soprattutto le donne migranti devono far fronte a un peggioramento della precarietà.
Anche se le nuove leggi – in Belgio, Italia e Stati Uniti – cercano di criminalizzare le proteste, gli scioperi e i picchetti (soprattutto dei migranti), noi non restiamo in silenzio. Negli Stati Uniti ci stiamo organizzando contro le deportazioni di Trump. In Germania, migliaia di persone hanno marciato contro la deriva fascista e il razzismo del governo. In Italia, ci stiamo mobilitando contro le politiche migratorie repressive e le deportazioni della Meloni. Ovunque, donne e uomini migranti continuano ad attraversare i confini nonostante le violenze che vengono praticate contro di loro. Il 22 marzo, migliaia di attivisti e attiviste antirazziste e di migranti sono scesi in piazza in tutto il mondo per sfidare le politiche migratorie razziste e di estrema destra.
Dobbiamo continuare a costruire il nostro coordinamento transnazionale. Dobbiamo rifiutare che i migranti paghino il prezzo della guerra. Chiediamo la fine della guerra, ma non a costo di deportazioni, sgomberi, espulsioni, erosione del diritto di asilo, del welfare e dei salari – non solo per i migranti, ma per tutti. Chiediamo frontiere aperte per chiunque cerchi sicurezza e libertà di movimento, per tutti coloro che rifiutano di arruolarsi nella sanguinosa guerra in corso e che lottano per una vita migliore.
Contatti: transmigrcoordination@gmail.com